venerdì 19 ottobre 2012

Il vagabondo delle stelle


Questa è una mia vecchia recensione del marzo '08, su di un libro che mi fu prestato, mi colpì molto e che io stessa avrei voglia di rileggere. È stata scritta subito dopo la lettura del libro, ma l'ho modificata con alcune considerazioni recenti.

Avevo appena finito di leggere "Il vagabondo delle stelle" di Jack London. Libro singolare, lo capii non appena cominciai a leggerlo.
Il detenuto Darrel Standing, ex professore di agraria, ci racconta di come è finito in carcere e come, con la sua fermezza di spirito, si sia attirato le antipatie del direttore del carcere e poi come sia finito in cella di isolamento a causa della studiata viltà di un altro detenuto. Qui la situazione sprofonderà e dovrà più volte subire la camicia di forza. Ma riesce a sopravvivere alle atroci sofferenze che questa comporta, e perfino in quest’ambiente disumano i valori umani esistono ancora, anzi, ben più forti che di solito (amicizia con Ed Morrel e Jack Oppenheimer). Nella camicia di forza impara ad attuare la "piccola morte", ovvero una morte indotta e temporanea che gli permette di viaggiare nel ricordo delle sue vite precedenti (il che ricorda molto le religioni orientali). Quindi a una lunga carrellata di narrazione delle vicende in queste precedenti vite si alternano brevi capitoli sulla situazione attuale nel carcere di San Quentin: i viaggi spirituali gli permettono di affrontare col sorriso sulle labbra questa situazione atroce, risultando ben più forte dei suoi aguzzini.
In ogni storia di vita precedente si toccano tanti tasti e si sottolineano tanti aspetti del comportamento umano, ripercorrendo un percorso storico che va dalle popolazioni nomadi alle civiltà orientali, dalle migrazioni americane alla Francia settecentesca. Tutto ciò conferisce al lettore un senso di eternità, eternità che Darrel (lui per tutti gli altri "io" in lui precedentemente esistiti) attribuisce alla donna, da lui lodata come senso dell'intera esistenza dell'uomo e come colei che racchiude il mistero della nuova vita. L'uomo deve la sua eternità fisica alla donna, insieme compagni di una vita terrena, e la sua eternità spirituale allo 'spirito' stesso, che l'uomo non può ammazzare.
Metto 'spirito' fra virgolette perché, a distanza di anni dalla lettura di questo libro, mi domando se questo 'spirito eterno' non sia ascrivibile alla nostra eredità e memoria genetica (rifacendomi all'idea proposta da Anne Ancelin Schützenberger nel libro "La sindrome degli antenati", di prossima lettura).
Davvero forte lo spirito di Darrel, personaggio unico più che singolare, essere pensante e spirituale oltre che meat puppet (marionetta di carne),  che ci fa capire quanto sia potente la mente umana. 
Libro che scaturisce spunti per un’infinità di riflessioni e che si rivela affatto banale, nonostante il difficile ed elevato argomento trattato (ma Jack London è una garanzia) che potrebbe suggerire un eventuale scadimento in ciò.
Assolutamente da leggere.


martedì 16 ottobre 2012

L'abitudine di dire cose che non sono vere


Prima di procedere con il brano ci tengo a specificare, per chi non avesse letto I viaggi di Gulliver (ed è infatti a costoro che la citazione è dedicata, poichè è intesa come un assaggio che intende invogliare alla lettura), che con yahoo si intende la popolazione umana e con houyhnhnm s'intende una popolazione di cavalli vivente su una delle isole nominate nel libro, che il protagonista si trova a visitare.

"Gli feci dunque una breve relazione dei miei viaggi, dell'ammutinamento che mi aveva costretto a scendere in una terra sconosciuta e del periodo passato in quel luogo. Ma tutto questo gli sembrò un sogno, una visione e non un racconto, ed io me la presi a male; infatti avevo ormai perso l'abitudine di dire bugie, tipica dei paesi governati dagli yahoo, i quali sospettano sempre che quanto dicono gli altri non sia vero affatto. Allora gli chiesi se nel suo paese c'era l'abitudine di dire cose che non sono vere. Poi gli assicurai che avevo ormai dimenticato cosa volesse dire falsità e che se fossi vissuto mille anni fra gli houyhnhnm non avrei sentito una bugia che è una bugia, sulle labbra del più umile dei servitori. Gli dissi ancora che non mi importava affatto se lui mi credeva o meno e che comunque, in cambio della sua cortesia, avrei avuto indulgenza della sua natura di creatura corrotta e avrei risposto a tutte le sue obiezioni, finchè avesse scoperto la verità. Il capitano era una persona saggia e più volte cercò in tutti i modi di cogliermi in contraddizione durante il racconto, ma alla fine cominciò a farsi un'opinione migliore della mia sincerità; tuttavia mi disse che, visto il mio attaccamento tenace alla verità, dovevo dargli la mia parola d'onore che durante il viaggio non avrei fatto sciocchezze; altrimenti era costretto a tenermi prigioniero fino a Lisbona. Glielo promisi, anche se gli dichiarai nel contempo che avrei preferito affrontare una vita di stenti, piuttosto che tornare a vivere fra gli yahoo." 


("I viaggi di Gulliver", Jonathan Swift, ed. Garzanti, p.273-274)


L'eterno amante

"Dopo cinque anni conservava ancora sempre la medesima convinzione. Ma dopo cinque anni lo confessava già a sè stesso con sdegno, e a «quella donna» ripensava perfino con odio. Si vergognava dell'anno trascorso a T.; non riusciva a capire neppure la possibilità d'una simile «sciocca» passione in lui, Vel'čaninov! Tutti i ricordi di quella passione si trasformavano per lui in obbrobrio; ne arrossiva fino alle lacrime e si tormentava di rimorsi. A dire il vero, trascorso qualche anno era già riuscito a calmarsi un poco; si era sforzato di dimenticare tutto questo e c'era quasi riuscito. E ora, a un tratto, dopo nove anni, tutto di nuovo tornava a destarsi dinanzi a lui, in modo così fulmineo e così strano, dopo la notizia della morte di Natalia Vasil'evna."

("L'eterno marito", Fëdor Dostoevskij, ed. L'Unità - Einaudi, p.36)